Terapia del dolore, 3 italiani su 10 non sanno che c'è una legge
Quasi un italiano su due non conosce i farmaci contro il dolore. Due medici di famiglia su tre non hanno prescritto una visita in un centro specialistico ad hoc. Quasi il 65% dei pazienti non sa che esiste una legge che garantisce l'accesso alla terapia per alleviare le sofferenze e che gli ospedali sono obbligate a misurarne il grado e ad annotare tutto sulla cartella clinica. La terapia del dolore e delle cure palliative, così come la rete specifica di assistenza in materia, resta una grande sconosciuta in Italia. Soprattutto nelle classi di popolazione meno istruite. E questo, nonostante chi abbia usufruito del servizio che la Sanità pubblica dovrebbe garantire dappertutto e sempre, abbia un giudizio anche altamente positivo delle cure prestate e dei centri dedicati a queste cure.
I dati presentati oggi a Roma
E' stato l'Osservatorio per il monitoraggio della terapia del dolore e delle cure palliative, attraverso la Fondazione Gigi Ghirotti, a presentare oggi a Roma il check appena compiuto attraverso la
somministrazione di oltre 13mila questionari (quelli risultati validi alla scrematura eseguita) con l'obiettivo conoscere sia lo status socio-anagrafico che l'accesso e il gradi di conoscenza della
legge e di tutte le opportunità che essa offre – o dovrebbe offrire – ai pazienti. Lo scenario che ne è emerge - come spesso accade in situazioni così estreme, tanto più davanti a bisogni e diritti
impellenti, ma anche a una legge relativamente ancora giovane – è fatto ancora di molte ombre, ma anche di qualche luce. Se mai bastasse. Perché il ritardo da colmare è ancora grande e
grave.
Il 63% non conosce la legge contro il
dolore
Per l'87% le schede sono state compilate nel luogo, si potrebbe dire d'elezione in questi casi: in ospedale, appena il 4% invece nei Centri di terapia del dolore e il 3% negli hospice. Ma il dato
eclatante che balza subito agli occhi dai risultati della ricerca, è che nel 46% dei casi, alla domanda "come considera i farmaci oppiacei (derivati dalla morfina), ha risposto di non conoscerli,
mentre per il 43% sono utili per curare i molti tipi di dolore acuto o cronico. Tra i commenti a margine, spiccano ancora significative miscredenze dure a morire: li prendono i drogati o creano
dipendenza, sono state alcune delle considerazioni espresse.
Intanto il 63% non ha conoscenza dell'esistenza di una legge contro il dolore e il 70% non sa che le strutture sanitarie sono tenute a misurare il dolore e ad annotarlo nella cartella clinica,
unitamente alla terapia prescritta e ai risultati ottenuti dalla terapia stessa. Un grado di conoscenza che è più alto tra i laureati (al 49% ne sono a conoscenza) e tra i diplomati (42%), ma
bassissimo (22%) tra chi non possiede alcun titolo di studio. I più informati sono i pazienti tra i 45 e i 74 anni (42%).
Il 65% dei medici non prescrive visite nei Centri per
dolore
Resta il fatto che nel 65% delle risposte il medico di famiglia non ha prescritto una visita specialistica in un Centro di terapia del dolore, sebbene il 65% degli interpellati abbia parlato del
proprio dolore col medico di famiglia, che a sua volta nel 65% delle situazioni ha prescritto farmaci o trattamenti specifici.
Risposte, queste ultime, che in qualche modo fanno il paio col giudizio positivo espresso dai pazienti che si sono ricolti ai servizi di cure palliative. Il 70% dei pazienti si sono detti soddisfatti
e addirittura la percentuale sale al 78% tra chi è stato ricoverato in un hospice. Con un gradimento dell'80% per le cure ricevute. Come dire, quando il servizio funziona, funziona bene e piace. Ora
si tratta di farne davvero un diritto di tutti. E sempre.
Tratto da Il Sole 24 ore del 15/03/2017
INGRASSARE IN MENOPAUSA È RISCHIOSO: COSA FARE PER NON METTERE SU CHILI
Secondo i più recenti sondaggi oltre 7 donne su 10 lamentano un aumento di peso con l’arrivo della menopausa. La tendenza a prendere chili in eccesso, con una distribuzione disarmonica sul corpo, è in effetti molto frequente: una conseguenza della perdita di massa muscolare e dell’aumento di tessuto grasso che si verificano nel corpo femminile in questa fase della vita. «Ma tenere il peso sotto controllo è possibile, con pochi semplici accorgimenti – dice Francesca Merzagora, presidente di Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna -. E non ingrassare è importante anche perché il grasso corporeo fa lievitare i rischi di molte malattie (come diabete, infarto, ictus e tumori), già collegate di per sé all’età che avanza».
Perché si tende a ingrassare in menopausa, «mettendo su pancetta»?
L’incremento del peso corporeo è conseguente alle modificazioni ormonali e metaboliche che accompagnano questo periodo. «Le donne hanno “per costituzione” una quantità totale di grasso corporeo superiore a quella degli uomini – spiega Merzagora -: la percentuale media di grasso corporeo nelle donne normopeso è infatti simile a quella degli uomini sovrappeso. Questa differenza è già presente alla nascita e si accentua con la pubertà: l’incremento di peso è dovuto nei maschi principalmente all’aumento della massa magra e nelle femmine della massa grassa. Anche la tipologia e la distribuzione dei grassi sono diverse tra uomini e donne: gli uomini tendono ad accumulare più grasso viscerale, specialmente a livello addominale e ad essere più suscettibili all’obesità centrale; le donne, invece, prima della menopausa tendono a depositare più grassi nel tessuto sottocutaneo, prevalentemente a livello gluteo-femorale e risultano più sensibili all’obesità periferica. Dopo la menopausa questa peculiarità viene perduta a favore della deposizione viscerale e addominale del grasso».
Si può giocare d’anticipo contro l’accumulo di chili in menopausa
«Prevenire il sovrappeso si può – dice Merzagora -. Basta un corretto stile di vita basato su due cardini: sana alimentazione e regolare attività fisica. Prima si comincia, meglio è… certo sarebbe opportuno adottare le “buone abitudini” fin dalla giovanissima età in modo da arrivare ben preparate alle fasi successive della vita».
Perché è importante tenere il peso sotto controllo?
Il problema va ben al di là degli aspetti estetici: è stato scientificamente documentato che il sovrappeso è un fattore di rischio per molte patologie croniche, quali ipertensione arteriosa, dislipidemie (ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia), diabete di tipo II, malattie cardio e cerebro-vascolari (infarto, scompenso cardiaco, ictus), malattie respiratorie, del fegato e della colecisti, tumori (come quelli di mammella, ovaio, endometrio e colon retto) e osteoartrosi. «La “pancetta” in particolare può essere pericolosa – sottolinea Merzagora -: è stata infatti dimostrata una stretta correlazione tra accumulo di grasso a livello addominale e rischio di malattie cardiovascolari e dismetaboliche (come il diabete), oltre che di cancro. Le donne, che grazie agli estrogeni risultano protette dalle patologie cardiovascolari per tutta l’età fertile, si trovano esposte in menopausa a un rischio elevatissimo, complici le modificazioni del metabolismo dei grassi e degli zuccheri e la presenza di fattori di rischio come sovrappeso, ipertensione arteriosa e diabete: tant’è che queste malattie rappresentano la prima causa di morte nel sesso femminile, prima ancora del tumore al seno».
Quali sono i parametri da monitorare?
Per tenere sotto controllo il proprio peso corporeo sono importanti due parametri: l’indice di massa corporea (BMI, Body Mass Index) che si ottiene dividendo il peso (espresso in chilogrammi) per il quadrato dell’altezza. Un valore di BMI inferiore a 25 indica una persona normopeso; da 25 a 30 si è sovrappeso; da 30 a 40 indica obesità e oltre 40 una grave forma di obesità. Il BMI rappresenta un indice approssimativo poiché non tiene conto del tipo di costituzione fisica, della localizzazione dell’adipe e delle masse muscolari. Un altro valore da considerare è la circonferenza della vita (misurata all’altezza dell’ombelico), che è un indice del tessuto adiposo addominale in relazione al rischio di malattie cardiovascolari e dismetaboliche e che non dovrebbe superare gli 80 centimetri.
Qualche indicazione pratica sul regime alimentare da seguire?
Come per tutte le fasi della vita, vale la raccomandazione generale di seguire un regime alimentare equilibrato e variato, in grado di garantire l’apporto di tutti i nutrienti. Inoltre è meglio: privilegiare il consumo di cereali integrali, legumi, verdura e frutta; rispettare la stagionalità dei cibi, preferendo se possibile quelli a Km 0; consumare tutti i giorni frutta e verdura di stagione, ricche di fibre, vitamine e antiossidanti, preferibilmente fresche per non alterarne il contenuto vitaminico e minerale; meglio gli zuccheri di pane, pasta, riso e cereali integrali, rispetto quelli contenuti in bibite, dolci e snack industriali; nell’apporto di proteine di origine animale, meglio il consumo di pesce di mare a quello della carne, preferendo comunque carni magre; arricchire la dieta giornaliera con latte e derivati (meglio latte e latticini scremati che, a parità di contenuto di calcio, sono meno grassi) e formaggi freschi.
E per cotture e condimenti?
Come sempre, per non ingrassare, vanno preferite modalità di cottura semplici e salutari, come quella al vapore o al forno.Quanto ai condimenti, va ridotto il consumo di sale da tavola, sostituendolo con erbe aromatiche e spezie e, ogni volta possibile, andrebbe utilizzato l’olio extravergine di oliva a crudo, evitando grassi animali come burro e strutto. Bisogna poi bere almeno 2 litri di acqua al giorno, mentre va limitato il consumo di caffè, bevande industriali e alcoliche (si raccomandano 1-2 bicchieri di vino al giorno fino a 60 anni e 1 bicchiere dopo i 60).
Qual è il nesso fra sonno, cibo e peso?
«Per migliorare la qualità del sonno, spesso compromessa durante il climaterio e la menopausa, è opportuno assumere i pasti a orari regolari, cenare con menù più leggero rispetto a quello del pranzo e aspettare almeno due ore prima di coricarsi – ricorda Merzagora -. Tra l’altro dormire bene aiuta a mantenere il metabolismo attivo, per cui bisognerebbe dormire almeno 8 ore a notte. Secondo gli esperti, infatti, la durata del riposo notturno dovrebbe essere circa pari a un terzo delle ore giornaliere: un’ora di sonno, ogni due di veglia, per cui a fronte di 16 ore da svegli, in media, se ne dovrebbero trascorrere 8 dormendo».
Quale e quanto sport fare?
Secondo l’American College of Sports Medicine e l’American Heart Association, per avere benefici sono già sufficienti 30 minuti di attività fisica moderata al giorno, come quella svolta con una camminata a passo veloce, per cinque giorni alla settimana. Questo aiuta il cuore a mantenersi in forma e a tenere sotto controllo il peso. «Non è necessario trasformarsi in “super sportive” – dice l’esperta -, ma praticare esercizio fisico con regolarità. E in questo senso è importante scegliere di dedicarsi ad attività che incontrano i propri gusti, in modo da applicarsi con continuità e costanza. Via libera a ginnastica, yoga, ballo, fitness, nuoto: sono discipline che hanno il vantaggio di far lavorare in modo armonico tutti i gruppi muscolari, nel rispetto delle articolazioni, che non devono subire sovraccarichi».
Se l’ago della bilancia sale, quando preoccuparsi?
«Un piccolo incremento di qualche chilo può essere facilmente gestito in autonomia, con qualche attenzione in più alle porzioni e aumentando le occasioni di movimento. Quando però il peso continua a crescere e (indicativamente) si superano i 5 chili è opportuno rivolgersi a un dietologo/nutrizionista per valutare insieme le modalità con cui modificare il proprio programma alimentare e le proprie abitudini. «Sono assolutamente da evitare le diete fai-da-te, consigliate da un’amica o lette su un giornale – commenta l’esperta -. In particolare non vanno seguite cure dimagranti sbilanciate che promettono grandi risultati con minimi sforzi e in tempi lampo, che sono un vero choc per il metabolismo. Il programma alimentare, per essere efficace a lungo termine e per non provocare danni all’organismo, dev’essere personalizzato».
Quali i «trucchi» utili contro la fame?
A parte l’ovvio «meglio un frutto di una merendina», per prima cosa è importante consumare i pasti a orari regolari, inserendo uno spuntino sano a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Per gli improvvisi attacchi di fame, meglio evitare centrifugati, spremute e tisane che non danno un senso di sazietà duraturo essendo liquidi e preferire frutta e verdura fresche da “sgranocchiare” (masticare aiuta il senso di sazietà). Ancor meglio è la frutta non sbucciata, perché la fibra accresce la sensazione di pienezza. Anche qualche mandorla o noce secca è un ottimo rimedio, ma bisogna fare attenzione alle quantità, perché la frutta secca è molto calorica.
Fonte: http://www.ondaosservatorio.it/ingrassare-menopausa-rischioso-cosa-non-mettere-chili/